Riassunto degli eventi più recenti
31 luglio, 2008 alle 0:02 | Pubblicato su Narrazione | 3 commentiTag: Aereo, British Airways, Giappone, Ginza, Haneda, Heathrow, Hotel Pacific, Italia, Londra, Malpensa, Milano, Narita, Roppongi, Sashimi, Shinagawa, Shinjuku, Tokyo, Tokyo Osaki Rotary Club, Udon, Ueno, Volo
30 luglio, ore 12 (italiane) – Partenza da Milano Malpensa.
Ore 13 (GMT) – Arrivo a London Heathrow.
Ore 15.45 – Partenza da London Heathrow. Per un pelo, la quiete dell’internet point nella Lounge per i viaggiatori di prima classe rischiava di farmi perdere la coincidenza.
Ore 18 circa – Cena offerta da British Airways: simil-sashimi (pesce crudo) e simil-teriyaki (pesce alla griglia con riso e salsa agro-dolce-piccante).
Ore 19.30 – Comincio a dormire. Manhattan di Woody Allen in lingua originale non mi fa ridere neanche un po’. In Giappone sono le tre e mezza di notte.
31 luglio, ore 5.30 (giapponesi) – Mi sveglio e scopro che abbiamo superato la Novaija Zemlja. Vado in bagno.
Ore 7.30 (giapponesi) – Ho dormito altre due ore. Penso alla Siberia, 11000 metri sotto di me.
Ore 9.30 – Colazione. Sorvoliamo il mar del Giappone.
Ore 10.00 – Tierra! Tierra! Avvisto il Giappone per la prima volta nella mia vita. Un attimo prima della necessaria foto, la macchina fotografica si spegne: batterie scariche.
Ore 11.00 – Arrivo a Tōkyō Narita. In Italia sono le quattro di notte.
Ore 11.10 – Controllo passaporti, ritiro bagagli, dogana. Privilegi vergognosi della business class: le valigie arrivano subito. Sembrano perfino rotolare più dolcemente. [Altri ingiusti privilegi: un letto vero, al posto del normale sedile, e cioccolatini da capogiro (tra cui due After-eight bulimici di mezzo etto ciascuno)].
Ore 11.15 – Passo i cancelli. Ad attendermi c’è Furuya-san, il mio angelo custode del Tōkyō Ōsaki Rotary Club (alto, rubicondo, simpatico) e un certo Minami-san, anche lui rotariano, proprietario di una ditta che vende materiale da calligrafia (lo leggo sul meishi, il biglietto da visita). Partiamo subito per Tōkyō.
Ore 11.45 – Primo tentativo di telefonare in Italia da una stazione di servizio. Fallito. La carta telefonica non funziona.
Ore 12.15 – Tōkyō comincia.
Ore 12.30 – Siamo infognati nel traffico.
Ore 12.45 – È meraviglioso: i cartelli mostrano posti già noti, che però visito per la prima volta. Haneda, Ginza, Ueno, Shinjuku, Roppongi. Esistono davvero. Sono davvero qui.
Ore 13.20 – Arrivo all’Hotel Pacific, sede di cinque Rotary Club della zona. Dopo tentativi innumerevoli riesco a parlare con l’Italia.
Ore 13.45 – Pranzo con Furuya-san e Minami-san (il signor Valleantica e il signor Sud) in uno strano ristorante nippo-statunitense al pianterreno del mastodontico Hotel Pacific. Di fronte a noi, i grattacieli di Shinagawa. Mangio una strana roba con riso, carne, curry e ananas. Buono, anche se non leggerissimo.
Ore 15.00 – Presentazioni nell’ufficio del Tōkyō Ōsaki RC. Primi effetti del jet-lag: stringendo la mano alla signorina Saito, dico hajimemashite, Guido-kun desu. Mi accorgo all’istante dell’errore: ho usato l’onorifico kun riferito a me stesso, un peccato mortale. Tutti ridono (per fortuna).
Ore 15.30 – Arrivo, finalmente, a casa. O meglio – a casa della signora Kimiyo Sasage, la mia host mother. Tutto è all’opposto di come me l’aspettavo. La casa non è una villetta monofamiliare ma un appartamentino all’undicesimo piano. Sasage-san, che mi ero figurato come una vecchina minuta fatta con l’origami, è invece una signora pimpante e loquace, capace di parlare in giapponese a ottocento sillabe al minuto (non scherzo). Alla fine di ogni frase aggiunge la particella ne, che serve per chiedere conferma all’interlocutore, e io non posso fare a meno di annuire, anche se spesso il ne è l’unica cosa che capisco. Mi ha detto: “Guido-kun wa nihongo ga wakatte ureshii yo ne” – “Sono proprio contenta che tu capisca il giapponese”. Ho risposto: “Arigatō gozaimasu”. Quando non capisco bene, rispondo “Arigatō gozaimasu” (“Le sono molto grato”). Incredibilmente, funziona.
Ore 16.00 – Doverosa doccia.
Ore 16.30 – Offro i regali dall’Italia a Sasage-san, Furuya-san e Minami-san. Spero sinceramente che li abbiano apprezzati.
Ore 16.45 – Furuaya-san mi accompagna nel suo ufficio, l’unico posto dove per il momento avrò l’accesso a internet.
Ore 17.10 – Prelevo i primi yen. Che poi in giapponese si chiamano en.
Ore 17.20 – Ritorno da Sasage-san. C’è una donna più giovane con lei (solo più tardi intuisco che si tratta della figlia, che è sposata e vive altrove). Entrambe mi invitano a riposarmi e a distendermi sul letto nella mia stanza (che in realtà è una specie di piccolo androne prima del salotto). Per farlo utilizzano quattro volte più parole del necessario, e io ne capisco un quarto. Forse è proprio meglio che mi riposi un po’, va’.
Ore 19.00 – Mi sveglio da un sonno profondo. Sasage-san e la figlia se ne accorgono e mi dicono che posso dormire ancora, se voglio (o qualcosa del genere). Loro stanno uscendo; capisco appena in tempo che hanno intenzione di cenare fuori. A quanto pare, le avevo fatto credere involontariamente che preferissi restare a dormire. Nessun problema: mi invitano calorosamente a cenare con loro, se voglio. Tutto si fa in accordo ai miei desiderata. È proprio vero: in Giappone o-kyaku-sama wa o-kami-sama, l’ospite è un dio.
Ore 19.30 – Cena in un meraviglioso ristorantino incastonato fra decine di altri locali, negozi, uffici e abitazioni. Non ricordo bene il nome di tutto quello che ho mangiato. Di certo c’era un ottimo sashimi e un ottimo udon (spaghettoni cotti in acqua calda da intingere in una salsa piccante, eventualmente accompagnati da una specie di timballo di gamberi pastellati).
Ore 20.30 – Sventolo bandiera bianca. L’udon è delizioso ma non mi sta proprio più. Rifocillato, mi sembra di parlare e di capire meglio il giapponese. Ma è un’impressione di breve durata. Mi offro (cerco di offrirmi) di pagare la mia parte; la figlia di Sasage-san mi fa un lunghissimo discorso il cui senso è che non serve che paghi la mia parte.
Ore 20.40 – Sasage-san compra la mia colazione di domani, insistendo perché le dia istruzioni dettagliate sui miei gusti. Prendo caffè (in un cartone simile a quello del latte), pane e burro.
Ore 21.20 – Ritorno a casa.
Ore 22.30 – Bagno alla giapponese in un mezzo metro cubo di acqua pura a 40 gradi. Direi che per oggi è abbastanza.
3 commenti »
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amore…
posso chiamarti amore nel tuo blog o devo riferirmi a me stessa come l’ “Italia”?!?!?!?!??
che bello leggere tutte le cose che hai fatto! sono contenta che tu stia bene e che sia contento e che il tuo appetito non abbiamo subito variazioni!! non nmettere su la pancetta, però!
spero di sentirti presto,
ciao
ele
Comment by polythenecam— 1 agosto, 2008 #
il mio non può essere certo un commento dolce come quello della tua metà, però…. VAI COSI’,GUIDO-SAN-KUN
Comment by luca— 4 agosto, 2008 #
@polythenecam
Certo che puoi chiamarmi amore, amore!
Grazie del messaggio… e sta’ sicura che ci sentiremo prestissimo!*
@luca
Grazie, Luk-kun! Continua a seguirmi!
Guido
Comment by guidoq— 6 agosto, 2008 #